AUTORIZZAZIONE ALLA PUBBLICAZIONE
Date : Tue, 14 Aug 2007 11:46:03 +0200
Subject : Autorizzazione alla pubblicazione
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Permesso accordato ovviamente!
Noi saremo in edicola a fine agosto dopo una
 breve pausa di vacanza, a presto.
 Sonia Rocca (Direttrice della Testata)

Sopravvivere alla morte di un figlio: il dottor Claudio Pisani, racconta
come internet lo ha salvato. «Amputati è il termine più adatto a descrivere
la nostra condizione» Questo papà ha creato uno spazio web per aiutare se
stesso e tutti quelli che vivono il suo stesso dolore

A volte, in rete è possibile imbattersi in vere e proprie isole di pace e
di ristoro per l’anima: oasi che meritano di essere divulgate e fatte
conoscere. Soprattutto a chi stenta a sopravvivere all’annichilente trauma
causato dalla perdita di un figlio. È il caso di un sito che si chiama
“Amputati” a cui si accede digitando www.ampupage.it: uno spazio web creato
8 anni fa da un medico di Potenza, il dottor Claudio Pisani, da circa 13
studioso e ricercatore di fenomeni paranormali. Ci tiene a sottolineare che
le sue tesi non saranno mai avallate dai “Cicapisti”, i solerti
negazionisti ad oltranza del Cicap (Comitato Italiano per il Controllo
delle Affermazioni sul Paranormale) capitanati da Piero Angela, ma è
comunque confortato dagli studi di altrettanti scienziati di tutto rispetto
che si dicono convinti dell’esistenza del sesto senso. La ragione che ha
condotto questo medico ad interessarsi della “vita oltre” è stato il dolore
devastante che ha dovuto sopportare in seguito alla morte, avvenuta nel
1994, di suo figlio Nicola, un bambino di appena sei anni. Vinto da un
tumore che non gli ha lasciato scampo. Cocò, come lui stesso si era
ribattezzato, aveva promesso a suo papà che da grande si sarebbe premurato
di telefonare ai suoi vecchi per farli stare tranquilli, esattamente come
suo padre ogni sera faceva con i nonni. Ha mantenuto la promessa solo per
metà Cocò: non è riuscito a diventare grande, ma sembra che anche dal
Cielo, il modo per rasserenare la sua famiglia sia riuscito a trovarlo.
Comunque la si pensi, questo spazio virtuale, “Amputati”, ha avuto il
merito di strappare dal baratro non solo la famiglia Pisani, ma decine di
mamme e di papà, accomunati dall’identica triste sorte: in questi ultimi 8
anni in rete, si sono strette amicizie e alleanze, ci si è asciugati l’un
l’altro le lacrime e insieme, e sempre nel ricordo dei figli persi («ma
solo sul piano terreno»), per tanta gente “tirare avanti” è stato più
sopportabile. Il vocabolario italiano non contempla alcuna definizione per
descrivere la condizione di chi ha perso un figlio. A trovare l’aggettivo
più consono ci ha pensato lei: Amputati. Perché ha scelto proprio questo?
«Non ho trovato un termine più adatto e nel contempo meno crudele.
Specialmente per le mamme, un figlio è realmente un "organo", una
continuazione del proprio corpo che già con la nascita si perde. La
depressione post partum, secondo me, nasce proprio dal dolore causato
dall'amputazione che, col parto, subisce quell'essere simbionte che è la
dualità Madre-Figlio. Quando questo distacco avviene per la seconda volta,
in modo definitivo, è devastante. Per noi padri la perdita potrebbe
apparire meno grave, ma non è così, fa male allo stesso modo: è una
sensazione atavica che ci ferisce dentro, che ci fa sentire colpevoli per
non esser stati capaci di proteggere i nostri cuccioli». Quando ha pensato
di creare questo spazio in rete ha subito considerato che sarebbe stato di
conforto per decine di famiglie in lutto? «In realtà doveva essere solo un
rifugio mio personale, una sorta di memoriale per ricordare mio figlio, più
a me stesso che agli altri. Volevo un luogo dove bestemmiare pubblicamente
contro il Padreterno, dove trovare altri "poveracci" come me che facessero
lo stesso. Improvvisamente mi resi conto che era inutile dibattersi,
ricordando le notti in ospedale, o rievocando i dettagli di vite
precocemente perdute all'infinito. Invertii rotta e cominciai a capire che
potevo -grazie ad Internet- far qualcosa non solo per me stesso, ma anche
per gli altri». Lei è un medico: si sente mai dire che queste sue
conclusioni sulla “vita oltre” mal si conciliano con la sua rigorosa
formazione scientifica? «Mi capita raramente di imbattermi in qualche
scettico. Forse dipende dal fatto che la perdita di un figlio merita
rispetto comunque, oppure, ci si convince che coi matti non conviene
argomentare. In realtà come la pensino gli altri, non m'importa granché:
questo è l’unico "vantaggio" derivante dallo "status” di Amputati. Dalla
mia esperienza professionale poi, ho capito che la medicina non è una
scienza esatta! Se così fosse, mio figlio sarebbe ancora in vita: secondo i
"Sacri Testi" infatti, il rabdomiosarcoma embrionale, il male che lo ha
colpito, guarisce nel 90% dei casi, invece così non è stato…» Lei afferma
che riesce ad avvertire la presenza di suo figlio: parla di segni
inequivocabili a cui basta prestare attenzione. In che modo è possibile
entrare in contatto con le persone che abbiamo perso? «Il modo più semplice
di contattare i nostri defunti è la telepatia. Gli aborigeni australiani si
tengono in contatto fra loro proprio utilizzando questa capacità che,
l’”Homo tecnologicus”, ha dimenticato di possedere, e se per caso, scopre
da solo tale facoltà, viene ridicolizzato. Noi abbiamo "fame" di comunicare
coi nostri simili, perché tale bisogno dovrebbe cessare con la morte? A
causa del nostro scetticismo scientifico che fa da "barriera" ai contatti
spontanei, i defunti ricorrono spesso ad altri tipi di segnali, in primis
ai profumi che però sono sempre sensazioni fugaci: mi sono chiesto tante
volte se tali fragranze fossero realmente presenti nell'ambiente o se
fossero allucinazioni causate dal dolore. Per poterlo stabilire con
esattezza ci vorrebbe un "naso elettronico" come quello usato per trovare
tracce di droghe o esplosivi nei bagagli aerei, ma la difficoltà sta nel
fatto che non è possibile prevedere il momento in cui tali fenomeni si
verificano, né il tipo di fragranza da individuare. In ogni caso sono certo
che tali indagini darebbero esito negativo, perché la generazione del
profumo avverrebbe -secondo una mia tesi- per stimolazione diretta dei
nostri centri cerebrali preposti all'olfatto. Ciò spiegherebbe anche perché
solo alcune persone verificano il fenomeno ed altre no. L'unico dato
-diciamo semi- scientifico che posso fornire è la testimonianza, anche
multipla, di diverse persone che hanno sperimentato il fenomeno. Si tratta,
di allucinazioni collettive? Può darsi, ma quasi sempre vi è una
sincronicità con avvenimenti futuri o con date e ricorrenze che in quel
momento nessuno ricorda. Nel mio caso particolare poi, utilizzo anche
alcune metodiche insegnate da Bruce Moen per "viaggiare" nei livelli
superiori senza far uso né di droghe né di particolari tecniche come lo
yoga, ma il presupposto fondamentale per ottenere certi risultati (con
relative prove concrete del contatto) è il raggiungimento della serenità
interiore e dell'autostima. Tale tipo di proiezione mi ha consentito di
raccogliere prove concrete di fatti a me totalmente sconosciuti,
sufficienti per dimostrare a me stesso ed ai miei interlocutori che i
nostri Cari continuano a vivere in un livello di coscienza diverso, sebbene
parallelo al nostro mondo. È come se fossimo su canali televisivi diversi:
coesistiamo fianco a fianco in due realtà parallele, sebbene invisibili
l'uno all'altro. I saggi Indiani Americani dicono che fra noi e l'Aldilà
c'è la stessa distanza che separa le due facce di una foglia d'acero, ma
per giungere a queste convinzioni bisogna sperimentare in proprio. Ci tengo
a sottolineare però, che quando il dolore è troppo recente, nessun contatto
è possibile». Lei ha detto che una volta era scettico, oggi invece crede
ciecamente nella “vita oltre”: sono stati i continui contatti con suo
figlio ad infonderle questa certezza? «Mio Figlio non si fa sentire in modo
eclatante: se qualcuno dovesse pensare che in casa mia volino gli oggetti o
si accendano i televisori in piena notte si sbaglia: la sua vocina è dentro
di noi e ci aiuta in mille occasioni, anche banali, della vita quotidiana.
Per esempio mi è capitato diverse volte di vedermi sparire un testo pronto
per la pubblicazione per un improvviso blocco del computer (Windows a
parte!) per poi rendermi conto, nel riscriverlo, di aver avuto occasione di
esprimere meglio il mio pensiero. La considero ormai una sorta di bonaria
"censura" da parte di Cocò, perché di certo stavo scrivendo una
stupidaggine!». Ha mai avuto momenti di sconforto in cui è arrivato a
dirsi:«A chi voglio prendere in giro?» «I momenti di sconforto sono sempre
in agguato, è ovvio, ma finora non sono mai giunto al punto di dubitare
seriamente di quel che penso, perché sto ricevendo troppe conferme sulla
correttezza del mio cammino. Capita semmai di sentirsi trascinati nel "buco
nero" del dolore quando qualche genitore che mi scrive è talmente disperato
da non riuscire a "tirarlo fuori" in nessun modo. In questi casi conviene
telefonarsi o addirittura incontrarsi nel mondo reale, anziché in quello
virtuale di Internet. Abbracciarsi fra "simpatetici", fa bene, vale più di
mille parole. È doveroso però ricordare che il contatto "virtuale" è sempre
di grande aiuto, grazie alla pronta collaborazione degli altri lettori che
sono parte integrante del sito con articoli, opinioni e gesti concreti di
solidarietà». Alla luce del suo vissuto, c’è qualcosa che sente di dover
dire ad un recente “amputato”? «Per me sono passati 13 anni ed ho avuto
molto tempo per elaborare il lutto, ma so perfettamente che, almeno per i
primi anni, nessuna argomentazione è sufficiente per uscirne. Potrei solo
dirgli di aver pazienza, di non perdersi nel dolore, di aggrapparsi alle
piccole cose della vita come stare in mezzo agli altri o riprendere subito
a lavorare. Solo quando ci si sentirà pronti sarà possibile rendersi conto
che non si è gli unici a soffrire. Io l’ho capito quando ho conosciuto una
mamma amputata che ha perso due figlioli e il marito: quella mamma era con
noi ad un raduno, ad incoraggiarci. Come non sentirsi in colpa, per tanto
amore per il prossimo?» Tra i messaggi che ha ricevuto sul forum del suo
sito, qual è stato l’apprezzamento che le ha fatto capire che il lavoro che
sta facendo in internet, è di fondamentale importanza? «Difficile
rispondere a questa domanda: in circa otto anni di attività sono ormai
tantissimi i navigatori approdati in “Amputati”. Non mi sento un
benefattore nel vero senso della parola, no, non credo di fare molto per il
prossimo stando comodamente seduto davanti al computer! Semmai potrei
attribuirmi il merito di aver lanciato la prima pietra che ha smosso le
acque stagnanti sulla condizione di "Amputati" a lungo ignorata dal grande
pubblico, nonostante le perdite di giovani vite al giorno d'oggi siano
sentite in modo più drammatico che in passato. Oggi avere un solo figlio è
quasi la norma, e su quel figlio si concentrano affetti, aspettative, ed
anche sforzi economici enormi di tante famiglie. Non è possibile perderlo,
eppure succede: ogni sabato notte, ogni giorno. Non si può continuare così.
Perciò mi chiedo -fingendomi qualunquista ed ingenuo- perché non si vieti
ai ragazzi di uscire dalle discoteche senza aver prima eseguito i test anti
droga e anti alcool, anziché spendere milioni nei controlli sulla strada?
Perché si continuino a costruire auto e moto dalle potenze e velocità
mostruose, quando il limite massimo è di 130 Km/h, consentendone l'uso
anche di notte ai neopatentati?». Che cos’è, per lei, la morte? Ne ha
paura? «È un passaggio nella stanza accanto. No, non mi fa paura l'idea di
morire, semmai mi spaventa il modo in cui si arriva a morire. Se dopo la
cessazione di ogni attività cerebrale esiste solo un grande nulla, nel
nulla non si può pensare, perciò non sapremmo nemmeno di esser "morti". Ma
se qualcosa esiste, credo che mi divertirò un sacco a fare quattro
chiacchiere, sopra una nuvoletta, con Piero Angela e tutti i suoi simpatici
amici “Cicapisti”!» Prima di congedarci, Claudio Pisani ci invita ad una
incursione più attenta del sito: tra i tanti racconti di speranza, le news
sul paranormale, i vari link che riportano ai siti “amici”, il forum, la
chat, e molto altro, esiste anche uno spazio umoristico: un angolino per
ridere persino dell'Aldilà dettato dall’irrefrenabile spirito satirico e
dissacratore del suo webmaster: «L'humor è importante- dal mio punto di
vista- per superare la condizione di  "Amputato": io lo definisco un
comportamento "Fra sedia e farcito", -ci spiega-, perché alterno le mie
"sedute al computer" con  succulenti pranzetti divenuti famosi fra i miei
amici di chat. Anche questo aiuta, come Epicuro insegna!»

Marinella La
Scala